INVISIBILE TRA GLI INVISIBILI


sull'orlo del precipizio

episodio 3

di Giorgio La Marca

Siamo ancora una volta a Napoli... zona stazione centrale. Carlo, un giovane studente universitario, come ogni sera si mimetizza tra gli invisibili per ascoltare le loro storie e tentare di aiutarli. Carlo questa notte conoscerà un giovane che scappa dai suoi fantasmi.

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Dopo aver aiutato i giovani della parrocchia a consegnare il cibo, Carlo ritorna in stazione con la sua coperta e qualche cartone. Accovacciato in un angolo c’è un giovane, ben vestito che piange coprendosi il volto con le mani.

Carlo gli si avvicina e tenta di parlargli, ma quel giovane non lo ascolta... si alza e scappa via lasciando lì il suo zaino. Carlo lo richiama... prende la borsa e cerca di rincorrerlo, ma il giovane è oramai lontano... confuso tra le centinaia di passeggeri che in quel momento escono dalla stazione.

Rimasto lì da solo, il giovane apre lo zaino e trova dei libri, dei quaderni e una tesi di laurea. La data della discussione era prevista per l’indomani. "Chissà che cosa può intristire così tanto un ragazzo alla vigilia di un traguardo così importante…" pensò Carlo... ma frugando nella tasca interna dello zaino, insieme al portafogli e al cellulare del ragazzo, trova anche il libretto degli esami, su cui, purtroppo, ci sono trascritti pochi esami, troppo pochi poter potersi laureare il giorno seguente.

Carlo intuisce il dramma del giovane, uno scoglio enorme da superare e si ritrova in un momento di essere l'unico testimone della sua disperazione. Così, dopo aver trascritto il nome e l’indirizzo del giovane prendendoli dai documenti... senza indugiare, corre verso il parcheggio, prende la sua auto e va a casa del giovane per parlare con i suoi genitori.

Carlo entra nel salone, mostra lo zaino di Simone, il nome del ragazzo, e racconta quanto ha visto quella sera. Le stanze erano tutte preparate per la grande festa del giorno dopo. Sul divano gli abiti nuovi e i confetti rossi sul tavolo.

La mamma piange mentre il padre racconta i sacrifici fatti per raggiungere quel traguardo. Per i genitori è il momento dei rimpianti “Se ce lo avesse detto prima” “Se sono non l’avessimo caricato di tante aspettative”. Simone sembrava non avere nessun tipo di problema… eppure quella sera chissà dov’era con le sue paure e le sue ansie.

Subito si mette in allerta la polizia. Carlo racconta anche a loro quanto ha visto e partecipa alle ricerche partendo proprio dalla stazione.

Alle prime luci dell’alba qualcuno dà l’allarme. Simone è sul cornicione di un palazzo che affaccia proprio nella piazza della stazione. Le forze dell’ordine si mobilitano per mettere in sicurezza la zona, ma a correre per primo al sedicesimo piano del palazzo è Carlo. Fa una cosa che mai avrebbe creduto potesse fare nella sua vita: sale sul cornicione accanto a Simone, lui che aveva paura anche di salire su una scala.

“Chi sei?” gli chiede Simone.

“Sono Carlo! Ieri sera mi hai lasciato il tuo zaino e sono venuto a riportartelo”.

“Puoi tenertelo! Tanto adesso la faccio finita” urla il giovane seduto con le gambe penzolanti nel vuoto.

“Se non hai fretta volevo raccontarti la mia storia” dice Carlo cercando di distrarre Simone. Gli racconta la sua vita, le sue sconfitte e le sue vittorie, ma soprattutto le sue paure. Un dialogo che ho riassunto in poche parole, ma è durato ore. Intorno al palazzo c’erano carabinieri, pompieri, ma i due giovani sembrano soli come in uno spettacolo con due soli spettatori.

“Anch’io ho paura! E adesso ne ho ancora di più” dice Simone scoppiando in gran pianto.

“Si piange quando si è soli. A te manca un amico con cui confidarti. Se vuoi da oggi ci sono io con te”.

Ci vuole coraggio per ammettere di avere paura. Simone non voleva dare un dispiacere ai genitori. Deludendo i suoi cari non si sentiva più degno di vivere al punto di decidere di farla finita. E così quanto la paura di deludere diventa più forte della voglia di vivere sembra più semplice farla finita che dire ai genitori che era tutta una bugia.

“Immagina che sia io tuo padre. Credi che preferirei un figlio morto ad un figlio con un problema che si può risolvere?”.

Quando si arriva sull’orlo del precipizio non bisogna fare un passo avanti ma un passo di lato, chiedendo aiuto e superando anche lo scoglio più grande che è l’orgoglio.

Carlo non si stanca di usare le parole... prendendo tutto il tempo che serve a Simone... quando si accorge che l’altro sta superando la crisi, si alza, allarga le braccia verso di lui, si prendono le mani e si abbracciano stretti. In quel momento il giovane fa pace con sé stesso e con gli altri, mettendosi finalmente al sicuro.

Le parole fanno danni ma sanno fare anche miracoli… di buone parole abbiamo sempre più bisogno.