L'AMORE NON HA REGOLE

di Giorgio La Marca

Il fatidico giorno finalmente era arrivato. Se ne stava parlando da tempo, di quanto sarebbe potuto accadere quella mattina. Era diventato l’argomento di tutte le discussioni dai salotti buoni ai tavolini dei bar, dalle trasmissioni televisive agli articoli di prima pagina dei quotidiani. Persino il governo nazionale si interrogava sulle conseguenze che avrebbe scatenato un possibile risultato. Nessuno aveva la certezza dell’esito finale, ma tutto lasciava presagire che quella non sarebbe stata una giornata come le altre.
Erano circa le dieci e l’aula al quarto piano della seconda sezione del tribunale della capitale era gremita di persone benché mancasse ancora un’ora all’inizio dell’udienza.
Al banco degli imputanti, tenendosi mano nella mano, Luca e Gabriele con sguardi bassi e visibilmente nervosi, si davano forza in attesa dell’ingresso del giudice. Anche il loro avvocato era agitato e giochicchiava con la penna tra le mani ripassando nella sua mente il discorso preparato con tanta cura. Dall’altra parte il pubblico ministero rovistava nella sua cartellina lanciando di tanto in tanto sorrisi d’intesa ai colleghi seduti accanto a lui, certo di una sicura vittoria.
Il ticchettio del grande orologio attaccato alla parete, accanto alla scritta “La legge è uguale per tutti” scandiva i secondi di un tempo di attesa che sembrava interminabile.
I giornalisti, posizionati ai lati dell’aula, erano attenti ad ogni particolare, così come le telecamere che indugiavano su tutte le espressioni dei volti dei soggetti coinvolti, per scovare le impercettibili emozioni e mandarle in diretta nelle tv e sui social.
Dalla strada sottostante, attraverso le finestre, si sentivano cori e urla di uomini e donne divise in due fazioni contrapposte che, armate di fischietti e striscioni, tentavano di condizionare l’opinione pubblica e spingere il giudice a dare ascolto alle loro idee.
Finalmente la lunga attesa terminò con il segnale dell’usciere che fece scattare tutti in piedi per l’ingresso del giudice.
<<Prego, accomodatevi! Diamo inizio all’udienza!>> disse l’uomo togato con voce imponente. Il giudice era un uomo di sessant’anni, alto circa un metro e ottanta, con una barba molto folta, brizzolata ed uno sguardo severo. Prese posto sulla sua sedia e aprì il fascicolo passatogli dal cancelliere. Mise gli occhiali e sfogliò le tante carte bollate rileggendo nella sua mente tutti i punti salienti.
La sala era avvolta in un gran silenzio tanto da riuscire a percepire dalla filodiffusione solo il lungo respiro del giudice e il rumore dei fogli che venivano girati.
Luca e Gabriele, circa tre anni prima, avevano celebrato la loro unione civile davanti al sindaco della loro città. Erano innamorati l’uno dell’altro e si definivano “fortunati e felici” per la storia d’amore che vivevano. Erano conosciuti e amati da tutti i loro concittadini soprattutto per la l’umanità e altruismo che li caratterizzava. Erano sempre in prima linea in tutte le iniziative sociali e culturali e sempre disponibili a chiunque gli tendesse la mano in cerca di aiuto. I loro sguardi si erano incrociati tra i banchi della scuola media e da allora furono inseparabili fino al conseguimento della laurea in architettura con il massimo dei voti. Non vollero solo condividere il lavoro, c’era qualcosa in più che teneva unito i loro cuori, così appena ce ne fu l’occasione vollero ufficializzare la loro unione gridando al mondo il loro amore.
Fu proprio la sera del loro “grande giorno” che conobbero Gennarino, un ragazzino di undici anni.
Passeggiavano sul lungomare fantasticando del loro futuro e raccontandosi le tante emozioni vissute in quella giornata memorabile, quando, nascosto dietro dei cassonetti della spazzatura, videro Gennarino seduto a terra che piangeva singhiozzando. Con dolcezza e pazienza lo convinsero ad uscire dal suo nascondiglio e a raccontare il motivo della sua disperazione.
La storia fu agghiacciante. Il ragazzino gli mostrò i segni delle violenze subite dai genitori. I due allertarono immediatamente le forze dell’ordine che scoprirono che Gennarino aveva altri fratelli e sorelle nelle stesse condizioni. La madre e il padre erano tossicodipendenti, spesso sotto effetto degli stupefacenti perdevano il controllo e si mostravano violenti con i figli. I bambini vennero affidati subito ad una casa famiglia, mentre ai genitori venne tolta la patria potestà e inseriti in un percorso riabilitativo .
Luca e Gabriele nei giorni successivi non fecero mancare il loro affetto e la loro presenza a quei bambini, attivando anche tutti i loro contatti affinché venissero affidati a delle famiglie adeguate per consentire loro di lasciarsi quei brutti ricordi alle spalle.
Nel giro di poco tempo ognuno trovò una casa diversa e tanto amore ad attenderli. Gennarino venne affidato temporaneamente a Luca e Gabriele.
Da quel momento le loro vite cambiarono radicalmente. Ogni giorno era una nuova avventura vissuta tra sorrisi e chiacchierate. Gennarino si sentiva finalmente amato da due genitori speciali.
Trascorsero due anni da quell’incontro. Per festeggiare la ricorrenza, Luca e Gabriele chiesero a Gennarino quale regalo volesse ricevere. Il ragazzo non ebbe alcuna esitazione:
<<Adottatemi! Saremo una bella famiglia!>>.
Non ci furono altre parole ma solo un grande abbraccio e tante lacrime.
Dal giorno successivo Luca e Gabriele si attivarono per realizzare quel desiderio che non era solo del ragazzo ma anche il loro.
Purtroppo da quel momento iniziò una battaglia legale e mediatica lunga ed estenuante. Vennero studiate tutte le leggi e spulciati tutti i cavilli burocratici. La richiesta divenne di pubblico dominio. L’opinione pubblica si divise tra chi era a favore e chi contro.
Ad ogni udienza venivano chiamati esperti legislativi e testimoni, consulenti e delegati di associazioni.
Quella mattina si stava apprestando ad iniziare l’ultimo atto di quella dura battaglia. Non era stato ancora scritto il finale di quella storia e tanto dipendeva proprio da quell’udienza.
Quella giornata il giudice si sarebbe dovuto esprimere. Erano tutti lì schierati: da una parte Luca e Gabriele, dall’altra il pubblico ministero che si opponeva a quella richiesta considerata non conforme alla legge e alla morale.
Terminata la lettura di tutta la storia, il giudice ruppe il silenzio e prese la parola.
<<Ho ascoltato tante persone in questi mesi. Ognuno ha espresso il proprio punto di vista. Adesso vorrei ascoltare Gennarino. Siamo qui a decidere le sorti di questo ragazzo e credo sia doveroso capire il suo punto di vista. È qui in aula?>>.
<<È nella sala d’attesa>> rispose Luca.
<<Bene! Allora chiamatelo!>> ordinò il giudice ad una guardia.
Poco dopo dal fondo dell’aula venne introdotto il ragazzo e fu fatto accomodare davanti al giudice. Gli fu dato un microfono e una sedia per farlo stare comodo.
<<Da qualche tempo stiamo parlando di te e del tuo futuro>> disse il giudice con un tono dolce <<vorrei conoscere cosa ne pensi di tutto questo>>.
Gennarino si voltò verso Luca e Gabriele, sorrise, poi raddrizzando il microfono che aveva davanti iniziò a parlare senza mostrare alcun imbarazzo.
<<Sono con i miei papà da oltre due anni. Sono due persone stupende. Mi vogliono bene, proprio come due genitori devono voler bene ai propri figli. A scuola la maestra mi ha detto che non posso confrontare il loro amore con quello di una mamma e un papà. Non è vero! Perché io li ho avuti i genitori. I miei genitori hanno picchiato me e i miei fratelli ogni giorno. Erano sempre fatti. Ho sempre desiderato avere dei genitori diversi. In questi anni ho anche ascoltato tanti racconti di miei coetanei, neanche alcuni di loro se la passano proprio bene… sicuramente i loro genitori non si drogano e non hanno problemi economici, ma tanti litigano tra loro, a volte si picchiano e picchiano i figli. Tanti altri lavorano tutta la giornata e affidano i figli ai nonni o ai babysitter. In questi due anni i miei papà non mi hanno mai lasciato solo, o c’era uno o c’era l’altro. Ma tutte le volte che c’erano tutti e due ci siamo sempre divertiti. Non hanno mai alzato la voce né tra loro né con me. Si… è vero, non sempre avevano le stesse idee ma hanno sempre discusso con il sorriso e hanno trovato la soluzione più giusta per la nostra famiglia. Sentivo poco fa una signora che urlava sul marciapiede qui sotto: diceva che non devono adottarmi perché dormono nello stesso letto e che possono darmi un esempio sbagliato… Non ho capito, e chiedo a voi, gente di buon senso di darmi una spiegazione. Sono due persone che si amano e si vogliono bene. Dormono nello stesso letto, ma ciò che succede nella loro camera riguarda solo loro due. Mi auguro che anche io possa trovare nella mia vita una persona da amare ed essere amata come l’hanno trovata loro>>.
Gennarino parlava e tutti erano in silenzio ad ascoltare le sue parole. Non solo il giudice e quanti erano nell’aula del tribunale, ma l’intera nazione incollata davanti agli schermi delle tv e dei telefoni a seguire la diretta.
<<Sei fidanzato?>> chiese il giudice
<<Non proprio>> rispose Gennarino sorridendo. <<C’è una ragazza che mi piace… però non vi posso dire il nome>>.
<<Per me puoi andare. La chiacchierata con te mi ha chiarito le idee>> ammise il giudice facendo un occhiolino al ragazzo. Gennarino si alzò e fece una corsa ad abbracciare Luca e Gabriele che erano seduti alle sue spalle.
Passarono dei minuti in cui il giudice stette in silenzio tenendo gli occhi chiusi e toccandosi le sopracciglia con le dita della mano destra, poi prese la parola.
<<In tutti questi mesi ho ascoltato tante voci, tante teorie e tanti punti di vista. La legge non ha paraocchi e pregiudizi, anzi deve tutelare tutti tenendo conto anche dei passi in avanti che fa la società. Se raggiungiamo un nuovo traguardo, anche la legge deve adeguarsi e al contempo tutelare la collettività. La storia di queste tre persone ha affascinato tanti ma anche scandalizzato. Sono venute fuori teorie e perplessità a volte bigotte, a volte populiste. Ma abbiamo tralasciato la cosa principale che ha mosso questa storia: l’Amore. L’Amore disinteressato di due giovani che avrebbero potuto pulirsi la coscienza quella sera semplicemente chiamando le forze dell’ordine e affidare il bambino. Invece hanno deciso di concedere a Gennarino una seconda possibilità. Tutti meritiamo una seconda possibilità. L’Amore non ha regole: è una certezza e una speranza per un’umanità migliore. Detto ciò, non trovo nessuna obiezione affinché queste tre persone possano sentirsi parte di un’unica famiglia>>.
Terminato il discorso, l’uomo si alzò e lasciò l’aula che fu avvolta da un forte applauso. C’erano occhi lucidi e sorrisi: quella sentenza aveva messo tutti d’accordo.