𝙀𝙨𝙞𝙨𝙩𝙤𝙣𝙤 𝙡𝙚𝙜𝙖𝙢𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙞𝙡 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙤 𝙚 𝙡𝙖 𝙙𝙞𝙨𝙩𝙖𝙣𝙯𝙖 𝙣𝙤𝙣 𝙥𝙤𝙨𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙨𝙥𝙚𝙯𝙯𝙖𝙧𝙚.

Questa storia ha 𝐪𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐚𝐠𝐨𝐧𝐢𝐬𝐭𝐢, quattro uomini le cui vite si intrecciano in un destino inaspettato.

𝐈𝐥 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐞̀ 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐨.

Negli anni Novanta, 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐨 è un giovane giornalista, poco più che ventenne, quando incontra 𝐋𝐮𝐢𝐬𝐚 in una discoteca. Il loro amore è un incendio che divampa rapido e travolgente, portandoli in pochi mesi al matrimonio. La felicità si moltiplica con l’arrivo di una gravidanza.

“𝑼𝒏 𝒇𝒓𝒖𝒈𝒐𝒍𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒆̀ 𝒊𝒏 𝒗𝒊𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒑𝒆𝒓 𝒔𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒏𝒐𝒊 𝒑𝒆𝒓 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆”, dice emozionata Luisa, porgendogli una scatolina con dentro minuscole scarpine di lana. Antonio piange, abbracciandola forte. Sognano una famiglia numerosa.

Ma il destino è crudele. Luisa muore dando alla luce 𝐌𝐚𝐧𝐮𝐞𝐥. Antonio si sente spezzato, ma stringe i pugni e decide di essere forte per suo figlio. Non gli farà mancare nulla. Sarà per lui padre e madre. Cambia lavoro, si adatta, costruisce ogni istante per non perdersi un solo frammento della crescita di Manuel.

𝐎𝐠𝐧𝐢 𝐩𝐢𝐜𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐭𝐫𝐚𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐞𝐥𝐞𝐛𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞: il primo dentino, il primo giorno di scuola, il primo amore. E nei loro discorsi Luisa non è mai assente. Antonio la tiene viva nei racconti, nelle fotografie, nei gesti quotidiani. Ogni sera, insieme, le scrivono una cartolina. “𝐂𝐚𝐫𝐚 𝐦𝐚𝐦𝐦𝐚, 𝐨𝐠𝐠𝐢 𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨...” e ogni messaggio termina con “𝐓𝐢 𝐯𝐨𝐠𝐥𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐛𝐞𝐧𝐞”. Nessuna notte senza una cartolina.

𝐏𝐚𝐬𝐬𝐚𝐧𝐨 𝐯𝐞𝐧𝐭'𝐚𝐧𝐧𝐢. E, ancora una volta, la vita strappa a Manuel ciò che ama. Antonio muore dopo una lunga malattia.

Manuel si sente solo, annientato dal dolore. Cambia città per studiare giornalismo, seguendo le orme del padre. Ma c'è un vuoto che non sa colmare. Così, riprende il vecchio gioco. 𝐒𝐨𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐨𝐫𝐚 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞 𝐚 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐞. Gli racconta tutto: le sue paure, i suoi sogni, le sue vittorie. Affranca ogni cartolina e la spedisce al vecchio indirizzo, sapendo che nessuno le leggerà. 𝐎 𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐨, 𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐞.

Ma c’è un terzo uomo in questa storia: 𝐄𝐧𝐫𝐢𝐜𝐨. Un postino di lunga esperienza, ormai vicino alla pensione. Da cinque anni vede arrivare quelle cartoline senza destinatario. La procedura è chiara: se manca il mittente, vanno distrutte. Ma Enrico non riesce a buttarle via. Le legge, una dopo l’altra. 𝐐𝐮𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨, 𝐥𝐨 𝐭𝐨𝐜𝐜𝐚𝐧𝐨, 𝐥𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐮𝐨𝐯𝐨𝐧𝐨.

Così, disobbedisce alle regole e le conserva tutte. 𝐋𝐞 𝐜𝐮𝐬𝐭𝐨𝐝𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐮𝐧 𝐩𝐢𝐜𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐭𝐞𝐬𝐨𝐫𝐨, 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐮𝐨𝐥𝐞 𝐥𝐚𝐬𝐜𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐬𝐯𝐚𝐧𝐢𝐫𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐧𝐮𝐥𝐥𝐚.

Poi, improvvisamente, il flusso si interrompe. Per mesi, nessuna cartolina. Il vuoto si fa silenzio, e il silenzio diventa preoccupazione. Cosa è successo a Manuel? Perché ha smesso di scrivere?

𝐔𝐧 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨, 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞, 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐛𝐮𝐬𝐭𝐚. Non è una cartolina, ma una lettera. Sul retro, per la prima volta, c’è un indirizzo. Con le mani che tremano, Enrico apre la busta e legge:

“𝑷𝒂𝒑𝒂̀, 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒔𝒂𝒓𝒂̀ 𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂 𝒖𝒍𝒕𝒊𝒎𝒂 𝒍𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓𝒂. 𝑰𝒏 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒊 𝒎𝒆𝒔𝒊 𝒏𝒐𝒏 𝒉𝒐 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒕𝒕𝒐 𝒏𝒐𝒏 𝒑𝒆𝒓 𝒎𝒂𝒏𝒄𝒂𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐 𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒊𝒆𝒓𝒊, 𝒎𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒍𝒂 𝒑𝒊𝒖̀ 𝒎𝒆𝒓𝒂𝒗𝒊𝒈𝒍𝒊𝒐𝒔𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒓𝒂𝒈𝒊𝒐𝒏𝒊: 𝒆̀ 𝒏𝒂𝒕𝒐 𝒎𝒊𝒐 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊𝒐. 𝑳'𝒉𝒐 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒎𝒂𝒕𝒐 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒐, 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒕𝒆.

𝑶𝒓𝒂 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒔𝒄𝒐 𝒅𝒂𝒗𝒗𝒆𝒓𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒔𝒊𝒈𝒏𝒊𝒇𝒊𝒄𝒂𝒗𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒕𝒆 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒆 𝒑𝒂𝒅𝒓𝒆. 𝑪𝒂𝒑𝒊𝒔𝒄𝒐 𝒍𝒆 𝒕𝒖𝒆 𝒏𝒐𝒕𝒕𝒊 𝒊𝒏𝒔𝒐𝒏𝒏𝒊, 𝒊 𝒕𝒖𝒐𝒊 𝒔𝒂𝒄𝒓𝒊𝒇𝒊𝒄𝒊, 𝒊𝒍 𝒕𝒖𝒐 𝒂𝒎𝒐𝒓𝒆 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒓𝒊𝒔𝒆𝒓𝒗𝒆. 𝑬 𝒎𝒆𝒏𝒕𝒓𝒆 𝒍𝒐 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒐 𝒅𝒐𝒓𝒎𝒊𝒓𝒆, 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒐 𝒂 𝒕𝒆.

𝑯𝒐 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒊𝒎𝒎𝒂𝒈𝒊𝒏𝒂𝒕𝒐 𝒄𝒉𝒆, 𝒖𝒏 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒐, 𝒏𝒆𝒍 𝒑𝒂𝒓𝒄𝒐, 𝒑𝒐𝒕𝒆𝒔𝒔𝒊 𝒊𝒏𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒂𝒓𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒐. 𝑪𝒉𝒆 𝒕𝒖 𝒂𝒓𝒓𝒊𝒗𝒂𝒔𝒔𝒊 𝒄𝒐𝒏 𝒖𝒏 𝒑𝒂𝒍𝒍𝒐𝒏𝒄𝒊𝒏𝒐 𝒓𝒐𝒔𝒔𝒐 𝒆 𝒖𝒏 𝒑𝒆𝒍𝒖𝒄𝒉𝒆,𝒑𝒓𝒐𝒏𝒕𝒐 𝒂 𝒔𝒕𝒓𝒊𝒏𝒈𝒆𝒓𝒆 𝒕𝒖𝒐 𝒏𝒊𝒑𝒐𝒕𝒆 𝒆 𝒂 𝒓𝒂𝒄𝒄𝒐𝒏𝒕𝒂𝒓𝒈𝒍𝒊 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒆 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒔𝒕𝒐𝒓𝒊𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒓𝒂𝒄𝒄𝒐𝒏𝒕𝒂𝒗𝒊 𝒂 𝒎𝒆. 𝑺𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒑𝒐𝒕𝒓𝒂̀ 𝒂𝒄𝒄𝒂𝒅𝒆𝒓𝒆, 𝒎𝒂 𝒗𝒐𝒈𝒍𝒊𝒐 𝒄𝒓𝒆𝒅𝒆𝒓𝒄𝒊. 𝑽𝒐𝒈𝒍𝒊𝒐 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒊𝒏 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒉𝒆 𝒎𝒐𝒅𝒐 𝒕𝒖 𝒔𝒊𝒂 𝒒𝒖𝒊, 𝒂𝒄𝒄𝒂𝒏𝒕𝒐 𝒂 𝒏𝒐𝒊. 𝑬 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 𝒔𝒎𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒗𝒆𝒓𝒆, 𝒎𝒂 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒎𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒂𝒓𝒍𝒂𝒓𝒕𝒊. 𝑷𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒕𝒖 𝒔𝒆𝒊 𝒄𝒐𝒏 𝒎𝒆, 𝒐𝒈𝒏𝒊 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒐, 𝒊𝒏 𝒐𝒈𝒏𝒊 𝒃𝒂𝒕𝒕𝒊𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒄𝒖𝒐𝒓𝒆.”

𝐄𝐧𝐫𝐢𝐜𝐨 𝐫𝐢𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞 𝐥𝐚 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐚 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐞. 𝐏𝐨𝐢, 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐫𝐜𝐢 𝐝𝐮𝐞 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐞, 𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞 𝐮𝐧 𝐭𝐫𝐞𝐧𝐨. Viaggia per ore, con un palloncino rosso in una mano e un orso di peluche marrone nell'altra. Arriva in città e si ferma in un parco. Aspetta. Ma di Manuel nessuna traccia.

Sta per andarsene, quando sente una voce alle sue spalle. “𝐏𝐚𝐩𝐚̀?”

Si gira. Manuel è lì, con il piccolo Antonio nel passeggino. Gli occhi di Enrico si riempiono di lacrime. “𝐌𝐚𝐧𝐮𝐞𝐥...” sussurra.

Si siedono su una panchina e Enrico racconta tutto:

“𝑶𝒈𝒏𝒊 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒐 𝒍𝒆𝒈𝒈𝒆𝒗𝒐 𝒍𝒆 𝒕𝒖𝒆 𝒑𝒂𝒓𝒐𝒍𝒆. 𝑵𝒐𝒏 𝒂𝒗𝒓𝒆𝒊 𝒅𝒐𝒗𝒖𝒕𝒐, 𝒎𝒂 𝒏𝒐𝒏 𝒉𝒐 𝒑𝒐𝒕𝒖𝒕𝒐 𝒇𝒂𝒓𝒏𝒆 𝒂 𝒎𝒆𝒏𝒐. 𝑸𝒖𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒄𝒂𝒓𝒕𝒐𝒍𝒊𝒏𝒆 𝒎𝒊 𝒉𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒅𝒂𝒕𝒐 𝒖𝒏𝒐 𝒔𝒄𝒐𝒑𝒐. 𝑺𝒆 𝒂𝒗𝒆𝒔𝒔𝒊 𝒂𝒗𝒖𝒕𝒐 𝒖𝒏 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊𝒐, 𝒍'𝒂𝒗𝒓𝒆𝒊 𝒗𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒕𝒆”.

Silenzio. Poi Manuel sorride, e il sorriso si scioglie in lacrime. I due uomini si guardano, estranei eppure legati da un filo invisibile. Poi si stringono in un abbraccio.

𝐄 𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐞𝐳𝐳𝐚, 𝐫𝐢𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨.