Introduzione a cura del Maestro Teo
Questo racconto tocca le corde più profonde dell'animo umano. Gina, una donna coraggiosa e piena di amore, ci regala il suo prezioso contributo attraverso la storia di suo figlio Angelo, una tartaruga con le ali.
Gina ha vissuto un'esperienza unica e straziante, condividendo con noi il suo viaggio attraverso il mondo magico creato da Angelo nel Parco Giochi più bello del mondo. La sua presentazione è un tributo affettuoso a un bambino straordinario che ha sfidato la malattia con coraggio e amore, trasformando l'ospedale in un luogo di gioia e speranza.
Le prossime pagine ci conducono nel mondo di Gina dove forza e determinazione emergono dal dolore. Gina diventa una lumaca coraggiosa, una mamma che si è rifiutata di rinchiudersi nel guscio del dolore, ma ha scelto di vivere la vita con un sorriso, proprio come Angelo avrebbe desiderato.
Attraverso le parole delicate e toccanti di Gina, vi invito a esplorare non solo il dolore della perdita, ma anche la bellezza della memoria e della speranza. Gina, con il suo amore incondizionato e la sua dedizione, ha trasformato il suo dolore in un impegno per creare un futuro luminoso per gli altri bambini della comunità.
Leggendo la storia di Gina, scopriamo il potere curativo della creatività e dell'amore. Angelo, con i suoi colori e la sua fantasia, continua a vivere attraverso le tavolozze dipinte dalla mamma. Gina diventa così la voce di tutti quei genitori che, nonostante la sofferenza, si aggrappano alla speranza e alla forza dei loro figli.
Il lavoro di Gina è un inno alla vita, una testimonianza commovente di come l'amore possa superare ogni ostacolo
Grazie Gina per aver condiviso il tuo cuore e la tua storia con noi! Attraverso le tue parole, ci inviti a riflettere sulla bellezza e la fragilità della vita, offrendoci una visione unica e profonda di un amore che trascende il tempo e lo spazio.
Buona lettura,
Maestro Teo
Il racconto
La voce dello speaker ripeteva gioiosamente la stessa frase: “Benvenuti nel Parco Giochi più bello del mondo! Qui possono entrare solo persone con una marcia in più!”.
Il parco giochi era un luogo unico e insolito, pieno di colori, effetti speciali e luci. Un grande tendone di colore rosso con stelle dorate sovrastava tutto mentre una musichetta di sottofondo rendeva l’ambiente magico.
Ognuno poteva partecipare alla “Grande Festa”, ma ad una condizione: doveva adottare il nome di un animale da cui avrebbe preso le caratteristiche principali: la volpe per la furbizia, il leone per il coraggio, la pantera per la velocità, il panda per la pigrizia, la puzzola per… beh, ci siamo capiti, e così via…
Accompagnai mio figlio Angelo in quel parco. Scelse il suo animale: “Sarò una tartaruga e mi chiamerò Tarta! Tu invece sarai Mamma Lumaca, perché sei molto lenta!” mi spiegò sorridendo.
Aveva scelto per noi due animali che portavano con sé la casetta, quel guscio sicuro dove rifugiarsi nei momenti più difficili… e non vi nascondo che molte volte ci rintanavamo nei nostri gusci mantenendoci stretti per mano… ognuno dal proprio posto.
Il parco giochi divenne ben presto la nostra casa, raggiunta anche dagli altri membri della famiglia: mio marito e il mio secondo figlio. “Papà, tu sei la Balena perché proteggi la nostra famiglia, mentre Vincenzo è la tigre, perché è veloce e corre anche per me che sono lento!” disse Angelo.
Come in ogni storia, il nemico era sempre in agguato. Il gioco che tutti dovevano fare era quello di evitare di essere bloccati per un po' dal serpente Snake, quando colpiti dalla sua lingua appuntita.
Io ero lì, non potevo far altro che osservare… A volte il mio sguardo si spostava, fermandosi sul panorama mozzafiato che si vedeva da una delle tante finestre del parco giochi… lì fuori c’era il mare nella sua maestosità.
Il golfo di Napoli, visto da quel punto di osservazione era fantastico. Vedevo Capri e tante barche con persone spensierate che si godevano del meritato riposo. Da una parte c’era il paradiso, soprattutto quando il cielo era pulito e il sole rendeva tutto più bello; dall’altra parte, dove mi trovavo io, c’era l’inferno abitato però da tanti angeli forti e caparbi.
Era proprio questo il sogno di Angelo: trasformare, quella che purtroppo era diventata la nostra casa, l’ospedale Pausillipon, in un grande parco giochi.
Quante volte mi ha ripetuto questo sogno in quel duro anno per lui e per me. La fantasia era la sua salvezza, il luogo che lo faceva evadere, anche solo per poco tempo, dalla dura realtà. Ogni bambino era un animale e il suo antagonista era la pompa dei macchinari per l’infusione delle terapie, che lui aveva soprannominato Snake.
Angelo era un bambino educato, pieno d’amore e di premura verso gli altri. Era gioioso, con occhi curiosi e attenti per osservare il mondo. Due anni fa, come in un brutto incubo, siamo stati catapultati in una realtà più grande di noi, fatta di paroloni, diagnosi infauste e tanta paura, per noi e soprattutto per lui.
Gli fu diagnosticato un osteosarcoma metastatico maligno e da subito ci è stato detto che le possibilità di sopravvivenza erano minime. Fino a quel momento stava già affrontando un’altra battaglia contro un disturbo che rientrava nello spettro autistico di primo livello, ma grazie all’aiuto di due fantastici terapisti e alla sua caparbietà, aveva raggiunto un recupero straordinario.
Durante il suo percorso di malattia, abbiamo vissuto in simbiosi. Ho messo da parte la mia disperazione per mitigare le sue paure, chiedendo a Dio di darmi forza e lucidità per accompagnare al meglio mio figlio nei suoi giorni.
In reparto, con gli altri genitori, ho imparato ad affrontare le cose con il sorriso, e ancora oggi mi sforzo di farlo, malgrado tutto, perché un sorriso può dare forza a chi ho di fronte.
Angelo è volato via quasi un anno fa.
Il suo passaggio su questa terra è stato breve ma è stato un dono per chi lo ha conosciuto e amato, in particolare per me.
Il dolore per la perdita di un figlio è lacerante, ma per il rispetto e l’amore che ho verso di lui e la sua vita, combatto anche io affinché il dolore si trasformi in qualcosa di buono. Non voglio lasciarmi incattivire dalla sua intangibile assenza.
Quando subiamo un grave lutto, è più facile arrabbiarsi con il mondo e con Dio, ma Tarta ha messo sulla mia strada tanti angeli per aiutarmi nel mio cammino.
Ho incontrato chi mi ha fatto conoscere la gioia dei ragazzi e dei bambini della mia comunità parrocchiale. Sono loro la gioia e il futuro di questo territorio tanto maltrattato.
Vorrei che in loro si radicassero sogni e speranze per un domani migliore. Guardo in loro il futuro luminoso che sono certa avrebbe avuto mio figlio.
Angelo amava costruire, creare e disegnare e nelle valigie per i ricoveri non mancavano mai i colori e gli acquerelli. Nei disegni riusciva ad esprimere le sue passioni, paure e desideri.
Una sera, poco prima che se ne andasse, in un momento di coscienza, mi chiese fogli e colori. Canticchiando felice mi disse che da grande voleva fare il pittore.
Lo immagino ora, lì che corre felice con i suoi amici animaletti, canticchia mentre con la sua tavolozza di colori dipinge bellissimi arcobaleni che usa come scivoli per poi tuffarsi nelle nuvole, finalmente libero da ogni male di questo mondo.
Quando chiudo gli occhi ricordo quei suoni dei macchinari delle infusioni che non mi facevano dormire, le mie lacrime, le mie angosce, le mie paure, le mie incertezze…
Quante volte mi sono chiesta: “E adesso? Cosa accadrà?”. La cosa più semplice era rientrare nel guscio e lasciare al tempo la scelta delle mie sorti. Ma non è questo che avrebbe voluto Angelo.
Ho deciso di abbandonare il guscio e di vivere la vita con il sorriso… e vivere anche per lui. Perché la vita è un viaggio meraviglioso e non importa quanto tempo dura, ma il segno che si lascia nei cuori di chi ci ha amato.
Sono Gina e sono la mamma di una splendida tartaruga con le ali…
Gina